domenica 18 luglio 2021

La mobilità dei cittadini europei - Le nuove frontiere e le sfide post pandemia


Quando possiamo ritornare alla normalità pre- pandemia? Quando l’Unione Europea sarà di nuovo uno spazio aperto e condiviso, dove i cittadini degli Stati membri si possono muovere liberamente, in virtù del loro diritto fondamentale, quello della libera circolazione?  

Sono domande  che ci facciamo in molti, soprattutto chi fa parte di quella categoria dei cittadini europei mobili, cioè che lavorano o studiano in paesi UE diversi da quelli di provenienza. Si tratta di una categoria tra le più danneggiate dalla crisi sanitaria. 

Lavoratori stagionali, famiglie transnazionali - sono stati tutti colpiti come da uno tsunami dalla pandemia.

 I risultati si sono visti: mancanza di manodopera in settori fondamentali come quello dell’agricoltura (ma i così detti “corridoi verdi” proposti dalle autorità europee, salutati da quelle italiane nel 2020 ma non hanno avuto l’esito aspettato). Un dato soltanto: oltre 107.000 lavoratori stagionali arrivavano in Italia dalla Romania, equivalente a un terzo di tutta la manodopera straniera. 

Poi, abbiamo avuto focolai in paesi come la Germania o la Francia, tra i lavoratori dell’est che lavoravano in condizioni non proprio ottimali. In fine, migliaia di nuclei familiari separati dalla chiusura delle frontiere e dall’imposizione delle restrizioni al livello nazionale.

Colta impreparata, l’Europa, che alcuni davano per “spacciata” davanti alla crisi, ha saputo (sempre meglio tardi che mai), reagire. L’organizzazione della campagna di vaccinazione, trovare un quadro d’intervento unitario, soprattutto investire delle risorse per il rilancio - sono tutti passi importanti che rinforzano l’Unione. 

E i cittadini? Come ridare loro la speranza e le libertà che avevano prima?  Ora si parla di green pass, che finalmente ci darà la possibilità di muoverci (quasi) come prima. Ma tante altre questioni sono state sollevate, tanti punti deboli ha svelato la pandemia, che dobbiamo davvero mettercela tutta per ricostruire e rinforzare l’identità europea. 

Con questa ottica ho partecipato (invitata come stake holder da IDOS ente coordinatore del progetto EUReKA)  l’8 luglio 2021, alla conferenza online “BACK TO THE FUTURE Managing pandemic and making intra-EU free movement more “user-friendly”.

Lo scopo del seminario è stato quello di parlare degli ostacoli legali e pratici che limitano la libera circolazione dei cittadini europei all’interno dell’Unione Europea, soprattutto in un contesto pandemico e post pandemico. 

Dopo una breve introduzione da parte di Luca Di Sciullo, presidente dell’IDOS, il progetto è stato presentato da Antonio Ricci e Norbert Kreuzkamp che hanno anche moderato la discussione.

Molto interessante l’intervento di Stanislava Rupp-Bulling - Faire Mobilität - DGB (German Trade Union Confederation) che ha descritto il modo nel quale la sua organizzazione  offre supporto ai cittadini europei che vengono a lavorare in Germania. Paradossalmente, abbiamo potuto scoprire che anche in Germania i diritti dei lavoratori non sono sempre rispettati, soprattutto per quello che riguarda l’equità salariale! 

Ho colto l’opportunità per fare una domanda a Stanislava: durante la pandemia, nel 2020, abbiamo avuto dei focolai nelle comunità di lavoratori romeni che lavoravano nelle serre per esempio, dove non si potevano rispettare o controllare le misure sanitarie. Come si è mossa la sua organizzazione per garantire un’informazione capillare sull’argomento coronavirus in modo da combattere la diffusione dell’infezione. È emerso che le organizzazioni necessitano in campo sanitario un supporto da parte delle autorità sanitarie per poter garantire un accesso alla prevenzione e informazione. 

Molto interessante e soprattutto attuale l’intervento del prof. Claudio Di Maio, Assistant Researcher JM Module - Digital Citizenship for EU presso l’Università Roma Tre. 

La cittadinanza europea digitale potrebbe essere una soluzione, una base per attuare e garantire i diritti dei cittadini dei paesi membri. Il COVID digital pass è una prova in tal senso. Ma quali sono i limiti e soprattutto le potenzialità di questa nuova dimensione di “cittadinanza”? 


L’intervento del professore Di Maio mi ha fatto sollevare una questione delicata che, almeno in Italia, potrebbe costituire un ostacolo per concretizzare questa digitalizzazione. In fatti, in Italia si parla da tanto tempo di percorso digitali, ma in pratica si stenta a “decollare”. Basta pensare a quanto sia complicato per molti ottenere e usare lo “SPID”, reso necessario per ottenere l’accesso a tutta una serie di servizi. 

L’esempio che ho portato è strettamente collegato a un tema a me molto caro: il diritto di voto dei cittadini europei mobili. L’identità digitale europea potrebbe rendere effettiva e in qualche caso immediata l’esercitazione di tale diritto, condizionato in Italia dall’iscrizione su base volontaria su apposite liste. Ebbene a Roma bisogna andare fisicamente presso un unico sportello dell’anagrafe elettorale o mandare per posta un modulo compilato per iscrivere sulle liste e poter votare. 

Cosa si può fare, quindi, per determinare le istituzioni a muoversi verso una reale digitalizzazione? Come rendere effettiva questa realtà attraverso una modernizzazione dell’ottica sui diritti in generale? 

Se la pandemia ci ha dato un’opportunità di crescere e superare le barriere fisiche, bisogna saper accettare la sfida e prepararci davvero per il futuro, imparando dal passato. 

(Miruna Cajvaneanu, Giornalista, Presidente Associazione Europaeus, Roma, 18 luglio 2021)


Il seminario completo può essere rivisto integralmente qui: 




venerdì 16 luglio 2021

Roma in Food - un progetto per promuovere le eccellenze agroalimentari romane


 Ieri, in seguito al gradito invito dell’amico Indra Perera, presidente onorario CNA World Roma, ho partecipato alla presentazione del progetto  “Roma In Food” - la piattaforma digitale per la promozione dell'eccellenza agroalimentare del territorio romano.

E ne abbiamo, di prodotti di eccellenza  agroalimentare a Roma- la nostra capitale è infatti l’unica in Europa ad avere un’area agroalimentare così sviluppata! 

Di come sono cambiati in soli 18 mesi di pandemia  i nuovi orizzonti dei consumatori locali, del turismo e delle sfide del futuro ne hanno parlato: Michelangelo Melchionno Presidente CNA Roma, Lorenzo Tagliavanti  Presidente CCIAA Roma, David Granieri  Presidente Agrocamera, iniziatori di questo progetto tecnologico che si propone di creare una vetrina online per i produttori locali. 

Molto apprezzato l’intervento sull’evoluzione del mercato alimentare dopo il Covid di Carlo Hausmann - Direttore Agrocamera Roma

Di Nuove leve per il sistema produttivo food Roma ha parlato Simone Bozzato - Coordinatore del corso di Laurea in Scienze Enogastronomiche per il turismo - Università di Tor Vergata.

Non possiamo parlare di futuro senza guardare le radici del territorio e ancor meglio se lo facciamo con gli occhi della futura generazione: ed ecco il nucleo dell’intervento su una “nuova strategia di comunicazione per il food di Roma” del prof. Gianfranco Bombaci - Coordinatore Scuola di Design - IED Roma che ha presentato il “Food Innovation Hub: una porta aperta sull’innovazione dei prodotti agroalimentari”. 

Altri interventi sono seguiti, tra cui quelli di Luigi Campitelli - Direttore Operativo Lazio Innova Spazio Attivo, Stefano Di Niola Segretario CNA Roma e Claudio Capezzuoli.


Poi, la tanto attesa e immancabile degustazione di prodotti artigianali del Progetto “Roma In Food”, durante la quale ho avuto il grande piacere di conoscere Simone Neri (foto), che porta avanti la tradizione di famiglia- il nonno è stato infatti l’inventore della famosissima ricetta del chinotto. 

In tanti hanno cercato di copiarla, però l’originale è una sola! Ho ascoltato la storia della ricetta e ho assaggiato l’amaro tradizionale, prodotto di punta della sua azienda, millesimato e presentato in pregiate bottiglie numerate.

Miruna Cajvaneanu, Roma 16 luglio 2021





















venerdì 9 luglio 2021

OGGI IN TV: Il documentario di Salvatore Braca sulla storia del carcere di Santo Stefano, considerata un'"Alcatraz Italiana"








RAI Documentari propone un racconto storico sul penitenziario di Santo Stefano sull’isola di Ventotene, dalla sua costruzione nel 1793 alla chiusura definitiva nel 1965: in "L'isola ritrovata", l’autore Salvatore Braca ne ricostruisce le vicissitudini, affrontando l’attualissimo tema della pena, dell’ergastolo e delle condizioni di vita nelle carceri. In onda venerdì 9 luglio alle 23:00 su Rai Tre.

Nel documentario, c’è anche un po' di Romania: infatti, i costumi dei personaggi del docufilm sono stati realizzati da Elena Rodica Rotaru, designer romena, dopo un accurato studio sulle foto d’epoca. 

 Il valore del documentario

Guarda QUI un’intervista su Uno Mattina con il regista Salvatore Braca

Dopo aver rievocato le storie di reclusione di padri della patria come Luigi Settembrini e Sandro Pertini, il documentario racconta la trasformazione del penitenziario in un luogo di redenzione, grazie all’arrivo, negli anni Cinquanta, dell’illuminato Direttore Eugenio Perucatti. In nome dell’art. 27 della costituzione, adotta un modello di carcere innovativo basato sul recupero del detenuto attraverso il lavoro e il convolgimento in attività quali lo sport e il cinema. Perucatti ha voluto infatti restituire significato alla dignità umana e speranza a chi aveva sbagliato, precorrendo i tempi della legge Gozzini. Con i cambiamenti politici avvenuti negli anni Sessanta, Perucatti sarà costretto a lasciare Santo Stefano, che verrà poi riportato a carcere di massima sicurezza, fino alla sua chiusura nel 1965, da cui ha avuto inizio il lento e inesorabile sfacelo della struttura architettonica.

Oggi, a distanza di oltre 50 anni, il progetto governativo per il recupero e la valorizzazione dell’ex carcere borbónico affidato a Silvia Costariaccende i riflettori su Santo Stefano.
Inizia una grande sfida: riqualificare l’ex carcere, oggi monumento nazionale, e fare di Santo Stefano un polo culturale multifunzionale di alta formazione e di educazione civica rivolto ai giovani di tutta Europa, un luogo che stimoli la riflessione sui diritti umani e sulla pena detentiva nel contesto del Mediterraneo.

Gli atti di violenza nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere rendono ancora più attuale il tema dei diritti umani e delle condizioni di vita dei detenuti, al centro di questo documentario” - dichiara Duilio Giammaria,Direttore di RAI Documentari. “Come ha sottolineato la Ministra Cartabia, ognuno deve fare la propria parte e attivarsi perchè sia rispettata la dignità della persona dei detenuti e garantita l’umanità che deve connotare la vita negli istituti pentenziari”.

“Il mio legame con Ventotene e Santo Stefano è qualcosa di unico che mi ha portato fin dall’83 a lavorare a Ventotene  –  sono queste le parole di Salvatore Braca autore del documentario “l’Isola Ritrovata”, che negli ultimi 20 anni ha diretto più di 400 documentari e reportages in tutto il mondo – Ho sentito la necessità di continuare questo mio percorso con un focus sull’ex carcere, un luogo simbolo in cui sono state detenute personalità chiave della nostra storia. La tecnica da me utilizzata è quella della docufiction e, a testimonianza del rapporto autentico che mi lega all’isola e alla sua storia, ho scelto di utilizzare come attori e comparse gli abitanti di Ventotene, ognuno di loro fortemente legato per motivi diversi, a Santo Stefano. Questo mio lavoro, realizzato prima che iniziassero i lavori di recupero, mi ha dato la possibilità di “fermare” il tempo nel momento del degrado più estremo, dopo 50 anni di abbandono, in cui però è già presente il processo di rinascita, testimoniato dalle parole della Commissaria Silvia Costa. Raccogliere i diretti ricordi di persone che domani forse non ci saranno più, insieme alla puntuale rappresentazione di luoghi in cui è ancora viva la memoria del dolore, mi è sembra un atto dovuto verso le nuove generazioni di Ventotene o che si ispirano ad essa, tra cui molti giovani che hanno scelto di vivere sull’Isola, in un momento storico in cui è ancora più fortemente sentito lo spirito di appartenenza alla storia di Ventotene e Santo Stefano, ma anche all’Europa. Ed è quindi ai giovani che dedico questo mio lavoro”.


“Con questo splendido e toccante affresco della storia quasi bicentenaria dell’ex carcere di Santo Stefano di Ventotene, realizzato dal regista  Salvatore Braca, Rai Documentari ci restituisce la dolorosa vicenda dell’ex ergastolo, il famoso Panopticon borbonico
 – commenta la Commissaria Silvia Costa  – Un durissimo penitenziario che, oltre a migliaia di detenuti comuni, ha relegato tra le sue mura dissidenti politici lungo tutti i regimi che si sono susseguiti, tra cui gli eroi risorgimentali Settembrini e Spaventa e poi, durante il fascismo, i futuri costituenti Terracini e Pertini. Negli anni ‘50 la illuminata direzione di Eugenio Perucatti anticipo’ di 20 anni la riforma carceraria, in nome dell’art.27 della Costituzione. E il progetto di recupero, che da un anno coordino come Commissario di Governo, ispirandosi a lui, intende farne una “Scuola di Alti pensieri”, un percorso espositivo e un Centro di studi e formazione europeo sui diritti umani e sulla concezione della pena e della detenzione, un luogo di pratica ambientale e una sede di residenze artistiche e produzione culturale. Sono davvero grata al direttore Duilio Gianmaria per la sua sensibilità e per la decisione di produrre questo documentario, e alla Rai come media partner del progetto di recupero dell’ex Carcere”

“Ho scoperto Perucatti in occasione di una escursione didattica all’isola di Santo Stefano alla quale hanno partecipato i miei studenti  –  così Marco Ruotolo, Ordinario di Diritto Costituzionale a Roma Tre  –  e da qui è nato un percorso di approfondimento su questo Carcere e sul suo Direttore che ha portato quest’anno alla riedizione del libro “Perché la pena dell'ergastolo deve essere attenuata” scritto dallo stesso Perucatti, pubblicato in proprio nel 1955 e ora riedito nella Collana “Diritto penitenziario e Costituzione” da me diretta. Le considerazioni sulla necessità di “attenuare” la pena dell’ergastolo si pongono idealmente tra quelle di due grandi uomini che hanno onorato il nostro Paese, tra Luigi Settembrini, che nelle sue Ricordanze scriveva che la pena non può essere «cieca e spietata vendetta», dovendo avere «un fine e una speranza», e Aldo Moro, che in una sua nota lezione definì l’ergastolo «crudele e disumano non meno di quanto sia la pena di morte». Ritengo che oggi più che mai sia importante studiare come il concetto della Pena potrà evolversi e proprio da ciò è nato Il Master in Diritto Penitenziario e Costituzione istituito a Roma Tre, a cui si affiancherà il “Centro di Studi internazionali sulla Pena” che abbiamo presentato a Ventotene lo scorso 26 giugno. Entrambi nascono all’esito di un’attività pluriennale di ricerca sulle problematiche dell’esecuzione della pena, anche nella forma della clinica legale penitenziaria ispirata all’esperienza statunitense, che vede i nostri studenti impegnati al fianco di esperti negli sportelli di informazione legale da noi istituiti presso alcune carceri romani. Per questo credo che questo documentario sarà un importante strumento di studio e riflessione”. 






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Rai Documentari - Creata nel gennaio 2020, sotto la guida di Duilio Giammaria, Rai Documentari ha come missione la produzione, coproduzione, acquisto e preacquisto di documentari in tutte le forme, linguaggi, tematiche allo scopo di alimentare i palinsesti di tutte le reti e piattaforme RAI, in accordo con la Direzione Distribuzione, e far crescere e sviluppare il genere con effetti di miglioramento sistemico sull'intera filiera. Proporsi quindi come un hub per il distretto industriale del documentario, in grado di ottimizzare produzione, coproduzione e commissioning.

Progetto di Recupero dell’ex Carcere di Santo Stefano/Ventotene. L’ex Carcere di Santo Stefano Ventotene, costruito nel 1795 dall’architetto Francesco Carpi ispirandosi ai principi illuministici propugnati dal filosofo Jeremy Bentham, è dal 2008 Monumento Nazionale. Il progetto di recupero prevede la destinazione per finalità prevalentemente culturali e di alta formazione. Per la sua attuazione è stato disposto un finanziamento di 70 milioni di euro, stanziati con Delibera CIPE 3/2016, Fondo Sviluppo Coesione – Piano stralcio Cultura e Turismo. Nel 2017 è stato siglato un Contratto Istituzionale di Sviluppo, la cui Autorità di Gestione è istituita presso il Ministero della Cultura e il cui soggetto attuatore è Invitalia. In gennaio 2020, su proposta del Ministro Franceschini, il Governo Conte ha nominato Silvia Costa Commissario straordinario per un anno e ha quindi rinnovato l’incarico a dicembre 2020 per un altro mandato, confermato dal Governo Draghi. 

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APPROFONDIMENTI
Eugenio Perucatti: Tre dei dieci motivi per cui secondo Eugenio Perucatti, direttore dell’ergastolo di Santo Stefano dal 1952 al 1960, la pena dell’ergastolo deve essere attenuata:
“La pena dell’ergastolo deve essere attenuata perché ad una nazione cattolica e civile, alla pari degli stessi doveri di salvare l’infanzia, di istruire i fanciulli, di curare gli ammalati, di proteggere il lavoro, di garantire la sicurezza, incombe l’alto obbligo morale di indirizzare le proprie leggi e la propria particolare attività, alla redenzione umana e sociale, spirituale e materiale dei condannati. In particolare di quelli per i quali la dura obiettività della condanna alla pena senza fine, tenderebbe a distruggere le condizioni stesse della redenzione materiale, per il baratro in cui è stata ricacciata per sempre la speranza.
“La pena dell’ergastolo deve essere attenuata perché la giustizia umana è per definizione imperfetta o relativa; la mente umana naturalmente limitata, il cuore possibilmente impulsivo, e lo spirito e lo spirito frequentemente debole; e tutto ciò non può non generare un profondo senso di solidarietà umana che, mentre impone la difesa comune dal male, impone pure di consentire a chiunque di riscattare le proprie colpe. 
“La pena dell’ergastolo deve essere attenuata perché la società civile, volgendo i propri progressi verso migliori conquiste, avrà sempre maggiori mezzi per rafforzare la prevenzione del male, senza fare unico ed incondizionato affidamento sulla forza del diritto penale”. 
(Il suo libro “Perché la pena dell’ergastolo deve essere attenuata”, pubblicato nel 1955, è stato ristampato da Editoriale Scientifica_ Roma Tre)

Luigi Settembrini: “Ma dopo che questi sciagurati hanno commesso il delitto, voi che avete fatto per correggerli? Ogni pena che non ha per iscopo la correzione del colpevole ed una riparazione alla società da lui offesa, non è pena, ma cieca e spietata vendetta che offende Dio e l’umanità. Voi invece di correggere gli uomini o li distruggete con la mannaia, o li gettate nelle carceri e nelle galere ad imputridire nei vizi ed a lordarsi di altri e maggiori delitti: e riparate al danno della società offesa, facendo pagare al colpevole le spese del giudizio ed una multa, cioè dispogliate gli innocenti figliuoli e li costringete voi stessi a commettere le stesse colpe che avete punite nel padre. Non dite che alcuni uomini non possono correggersi: ma voi gli avete prima educati? Avete fatto nulla per impedire i delitti? E dopo i diritti avete tentato alcun mezzo per correggerli? 
“La pena dell’ergastolo non è né giusta, né utile, né cristiana. Sta scritto che Iddio vuole la penitenza non la distruzione del peccatore: o dunque il Vangelo è falso o questa pena e empia o chi la dà è stolto ed empio. Nei registri dell’ergastolo si trova scritto che in 20 anni sono morti uccisi mille uomini e che dal principio del 1848 sino a questo anno 1851 ne sono stati uccisi diciannove”.
Luigi Settembrini, scrittore e patriota, rinchiuso per otto anni nell’ergastolo di Santo Stefano (Luigi Settembrini, L’ergastolo di Santo Stefano, Ultima spiaggia, 2010).

Sandro Pertini, in memorie di Rocco Pugliese “Una notte un grido straziante mi svegliò. Dalle celle di punizione giungevano rumori di guardie che correvano e poi l’urlo di Suo zio: ‘Mamma, mamma’ e quindi un silenzio di morte… Da informazioni assunte da detenuti comuni che facevano i lavori degli scopini e cioè pulivano i corridoi, le celle e portavano da mangiare ai detenuti, seppi che Suo zio era stato ucciso dalle guardie… Io quando parlo di lotta antifascista ricordo anche Suo zio perché pur non avendolo conosciuto personalmente è stato mio compagno all’ergastolo di Santo Stefano ed è morto tragicamente… La esorto a tenere viva la memoria di Rocco Pugliese, ucciso all’ergastolo di Santo Stefano”. 
Lettera di Sandro Pertini, già detenuto a Santo Stefano durante il fascismo e futuro presidente della Repubblica, alla zia di Rocco Pugliese, Lina.
Rocco Pugliese, comunista di Palmi (Reggio Calabria) era stato condannato a 24 anni e 7 mesi di reclusione per l’omicidio di un fascista. Omicidio che non aveva mai commesso.